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Lavorare sull'ombra

Ciò che vogliamo sottolineare è l’assoluta importanza di lavorare accuratamente sulla propria ombra per coloro che si sentono attratti dalla pratica della meditazione e della consapevolezza. Di fatto, si nota non di rado una certa disinvoltura in proposito, e si vedono, per esempio, meditanti che, inavvertitamente, sopravvalutano certi aspetti della via a tutto scapito di un lavoro serio e continuo sulle proprie difficoltà. Ad esempio, trascorrere periodi di tempo con qualche famoso maestro spirituale o adoperarsi per rafforzare la propria concentrazione sono momenti indubbiamente importanti del lavoro interiore, ma possono venire usati in modo assai poco proficuo. Cioè io posso usare queste cose allo scopo di dimenticare i miei problemi, invece di frequentarli pazientemente e comprenderli più a fondo.
In proposito, può essere opportuno, sempre al fine di porne in risalto l’importanza, soffermarci un attimo sul retto atteggiamento davanti alle difficoltà interiori. Un ingrediente essenziale di tutti gli stati mentali negativi o difficili sembra essere la paura, cioè la paura di soffrire. Paura di inbattersi nello spiacevole, paura di perdere il piacevole. Spesso noi assomigliamo a una persona che si è barricata in casa e che impiega tutta la propria energia a cercare di impedire che un gruppo di suoi prigionieri (cose piacevoli) possa fuggire e, contemporaneamente, a tentare di impedire l’entrata in casa a visitatori ostili (cose spiacevoli). E malgrado il fatto che i prigionieri continuano a evadere e che i visitatori continuano a fare irruzione, noi non rinunciamo al nostro vano tentativo e non ci rendiamo conto che, in realtà, c’è un solo vero prigioniero e siamo noi.

Non comprendiamo, cioè, che la nostra paura di soffrire è una fonte primaria di sofferenza, poiché essa o crea sofferenza la dove non c’è ragione di sofferenza, oppure intensifica notevolmente la sofferenza obiettiva. Ora, aprirsi gradualmente allo spiacevole in noi e fuori di noi, e, più sottile e più importante ancora, aprirsi alla vasta, potente e paralizzante paura che intride letteralmente ogni minuto di così tante vite, sembra essere una caratteristica cruciale del corretto lavoro interiore. Al riguardo, non si insisterà mai abbastanza sulla preziosità dei ritiri di meditazione. Infatti, ciò che soprattutto accade in un ritiro è questo, che il nostro attaccamento al piacevole e la nostra avversione per lo spiacevole hanno la possibilità di affiorare in superficie e offrirsi alla nostra consapevolezza. La chiave perché ciò possa accadere è la combinazione di due cose: da una parte lunghi giorni di incessante confronto con la propria mente, dall’altra il sostegno rappresentato dalla disciplina, dal gruppo e dagli insegnanti. Sostegno che ci fornisce la fiducia e la rassicurazione necessarie per aprirci, appunto, alla onnipervadente paura di soffrire.

E aprirsi significa, a lungo andare, comprensione e accettazione. A loro volta, comprensione e accettazione hanno un effetto trasformante, che è il fine del lavoro interiore. Il miracolo della trasformazione, infine, alimenta la nostra passione per il lavoro interiore. Contemporaneamente la qualità della nostra sofferenza, ora che in qualche misura è alleggerita dalla paura, cambia sensibilmente.

 

Corrado Pensa

La tranquilla passione